Contattaci

    Prendi visione dell'informativa sulla privacy.
    Edit Template

    UNSIC: Dazi, la parola alle aziende - UNSIC

    Le aziende italiane esprimono grande preoccupazione per i dazi imposti dal presidente statunitense Trump. Abbiamo raccolto le opinioni dei rappresentanti di alcuni settori merceologici, tra i più colpiti.

    Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, spiega che i produttori stanno monitorando con attenzione gli sviluppi e nel frattempo prevedendo gli effetti che i dazi imposti dall’amministrazione Trump potrebbero avere sulle vendite. “Il valore della produzione di vino siciliano è di circa un miliardo di euro, di cui tra il 55% e il 60% è destinato all’export: parliamo quindi di circa 550 milioni di euro. Di questo, il 20% è diretto verso gli Stati Uniti, ovvero circa 120 milioni. È evidente che una misura di questo tipo, se confermata, potrebbe impattare sensibilmente sul nostro export in quel mercato”.

    Nonostante le incertezze legate al nuovo scenario commerciale, il Consorzio guarda avanti con determinazione e fiducia, forte del lavoro di promozione e posizionamento portato avanti negli anni in numerosi mercati internazionali.

    “I vini siciliani – prosegue Rallo – sono oggi presenti in molti Paesi, dove la Doc Sicilia è attivamente promossa attraverso un lavoro continuativo e coerente. Questo ci consente di affrontare il contesto attuale con una moderata fiducia. Confidiamo nel fatto che, nel corso degli anni, siamo riusciti a costruire un marchio solido e apprezzato negli Stati Uniti, un brand che è diventato sinonimo di qualità, tradizione e innovazione. Siamo ora in attesa di raccogliere i frutti di questo impegno a lungo termine. Siamo certi che i consumatori americani continueranno a scegliere la Sicilia, e con essa i nostri vini, mantenendo così viva e stabile la domanda sul mercato”.

    Restiamo nel settore con Federico Gordini, presidente Milano Wine Week Group: “I dazi sono un gravissimo errore politico del presidente americano, che innesca una guerra commerciale con ripercussioni sulle principali economie mondiali. Un ennesimo atto autoritario e comunicato con i consueti toni inaccettabili – elementi quasi surreali ai quali abbiamo purtroppo fatto abitudine – del quale i primi a essere scontenti dovrebbero essere gli americani stessi. Oltre ai danni diretti che si verificheranno sulle esportazioni europee, la crescita dei costi dei prodotti potrà determinare un aumento dei prezzi per i consumatori, con un impatto anche sui mercati secondari. In particolare, l’aumento dei dazi sulla birra del 25%, mentre gli altri prodotti a base di alcol subiranno un dazio del 20%, potrebbe penalizzare duramente le piccole e medie imprese, che rappresentano una fetta significativa delle esportazioni europee negli Stati Uniti. Serve una risposta comune e molto determinata da parte dell’Unione europea a tutela di tutti i settori colpiti da questo provvedimento – continua Gordini. “È necessario lavorare sia per rispondere a tono ai dazi imposti sia per trovare scenari diplomatici che portino a un negoziato costruttivo e rendere meno lesive queste sanzioni. Nel contempo, serve lavorare per negoziare condizioni migliorative verso tutti gli altri mercati, eliminando le disparità di trattamento tra Paesi membri dell’Ue. I dazi, da quelli applicati dall’ultima amministrazione Trump sulle lavatrici a quelli imposti sotto William McKinley negli anni ’90 dell’Ottocento (che causarono ondate di inflazione), alle tariffe Smoot-Hawley degli anni ’30 (che aggravarono la Grande Depressione), si sono rivelati sempre disastrosi per l’economia statunitense”.

    Gordini ricorda, infine, che i dazi si sommano ai gravi errori nella comunicazione del nuovo Codice della Strada, che hanno portato a un calo considerevole dei consumi fuori casa nel primo trimestre 2025, e al dibattito sugli effetti del vino sulla salute, con la minaccia di etichettature simili a quelle del tabacco.

    Dai vini ai formaggi. Antonio Auricchio è il presidente del Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola Dop. L’export di Gorgonzola Dop mondo (esclusa l’Unione europea) copre il 14% del totale esportato e l’11% di tale percentuale vola verso gli Usa che rappresentano, quindi, un mercato di tutto rilievo con oltre 387tons in termini assoluti pari a oltre tre milioni di euro a valore.

    “Abbiamo sperato fino all’ultimo che l’amministrazione americana non intraprendesse questa assurda guerra commerciale soprattutto con noi alleati – spiega Auricchio. “Alla fine i dazi sono arrivati nella misura del 20% sulla produzione casearia “Made in Italy” diretta in Usa, ma bisogna tener presente che questa percentuale si aggiunge a quella già esistente che arriva fino al 15% per alcuni formaggi, tra cui il Gorgonzola Dop che, considerando un prezzo medio al chilo di 10 euro, arriverà a costare ai consumatori americani un terzo in più del prezzo odierno. A fine giugno saremo al Fancy Food di New York, una fiera importantissima, e bisogna fare assolutamente squadra intorno ai grandi formaggi Dop italiani così assurdamente e ingiustamente colpiti. Chiediamo un’azione tempestiva e concreta, sia da parte del nostro governo sia a livello comunitario, per impedire che questi ulteriori costi si ripercuotano sui consumatori americani che amano il Gorgonzola Dop e soprattutto sulle nostre imprese già duramente provate dal prezzo del latte e da costi energetici altissimi”.

    Giampiero Castellotti

    link di origine

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Fissa un appuntamento

    Il primo passo verso una consulenza fiscale e previdenziale efficace inizia da qui: fissa il tuo appuntamento oggi stesso!

    Ultime News

    Categorie

    Tag