Sarà probabilmente l’Italia a pagare il conto più rilevante a causa dei dazi di Trump che scatteranno il 2 aprile. Il nostro Paese, infatti, vende beni negli Stati Uniti per 65 miliardi di euro. Nel mercato statunitense finisce il 22,2% delle vendite italiane extra-Ue, rispetto al 19,7% di quelle Ue.
In base alle stime di una recente analisi della direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, come ricorda Il Corriere della Sera, con dazi di almeno il 20%, ipotizzando una piena trasmissione sui prezzi, l’export italiano a rischio può essere quantificato in 9,6 miliardi di dollari.
I settori più colpiti saranno quelli classici del “made in Italy”. Quindi agricoltura, in particolare i vini, e la moda, quest’ultima ha negli Usa il terzo mercato per le esportazioni, con un interscambio commerciale da gennaio a ottobre 2024 di 4,5 miliardi per la moda, 3,1 miliardi per i settori collegati. Ma ripercussioni ci saranno anche per le automobili, i farmaci e la meccanica.
Nel dettaglio, secondo i dati del Centro studi di Confindustria, i settori più colpiti saranno: macchinari e impianti (12,4 miliardi), autoveicoli e altri mezzi di trasporto (11,1 miliardi), farmaceutica (8 miliardi), alimentari (4 miliardi), chimica (2,9 miliardi), bevande (2,6 miliardi), abbigliamento (2,4 miliardi). In termini di flussi: bevande (il 39% delle esportazioni è diretto negli Usa), autoveicoli e altri mezzi di trasporto (30,7% e 34,0%) e farmaceutica (30,7%).
Tutto ciò conferma come il protezionismo costituisca un’arma a doppio taglio, in quanto anche gli Usa pagheranno un prezzo a causa delle ritorsioni e dell’aumento di costo delle materie prime e della componentistica. Gli imprenditori americani, tra l’altro, dovranno ridimensionare la produzione a causa della difficoltà nel reperimento soprattutto dei macchinari
Domenico Mamone