L’Europa e la salvaguardia dei diritti, democrazia e libertà in primis. Queste le bandiere della manifestazione “Una piazza per l’Europa” indetta dal giornalista e scrittore Michele Serra dalle pagine del quotidiano La Repubblica per sabato 15 marzo a Roma. Un’iniziativa che sta spaccando la politica al pari del piano di riarmo della presidente Von der Leyen.
Quella che un tempo a sinistra si chiamava “base”, cioè di fatto l’elettorato, è ovviamente totalmente disorientata dall’attuale situazione internazionale. E ciò, in un certo modo, si riflette sui vertici politici (la spaccatura del Pd in Europa è emblematica) e su quell’ampio gruppo di cosiddetti “intellettuali” militanti in quest’area ideologica e politica che, in parte, si ritroveranno domani a Roma.
Il contesto internazionale segnato dall’incertezza sull’esito della guerra in Ucraina, sulla continuità dell’impegno statunitense nella Nato, sull’instabilità geopolitica in Medio Oriente e sulla situazione economica conseguente all’attivismo di Trump sta spingendo l’Unione europea a riconsiderare il proprio approccio alla sicurezza e alla difesa. Con effetti imprevedibili anche nel panorama politico, specie in Italia.
Il riarmo dell’Unione europea, dopo il venir meno della protezione Usa e della deterrenza garantita dall’Alleanza Atlantica, è oggi al centro di un acceso dibattito politico. Con divisioni palesi non solo tra i partiti della maggioranza, ma soprattutto a sinistra, all’interno dello stesso principale partito dell’opposizione, il Pd.
Da una parte riemerge un antico Dna pacifista, tipico soprattutto della sinistra più estrema, non molto dissimile da quello – per capirci – che ha animato le manifestazioni degli anni Sessanta con i celebri slogan che invitavano a mettere fiori nei cannoni (cristallizzato nel noto brano Proposta dei Giganti del 1967). A cui si unisce l’ampio fronte cattolico di sinistra, identificabile ad esempio con la marcia Perugia-Assisi che raccoglie annualmente tanti organismi non solo dell’area cattolica, ma anche della società laica.
Secondo questi oppositori al riarmo, investire 800 miliardi per la difesa costituisce un carico economico insostenibile, specie per un Paese con un elevato debito pubblico come il nostro. Inoltre tale fiume di investimenti in armi sottrarrebbe risorse a welfare, sanità e istruzione, insomma determinerebbe ulteriori tagli ai servizi essenziali per il cittadino, accentuando i divari sociali. Ancora, il rafforzamento delle capacità militari europee potrebbe provocare una reazione speculare della Russia, alimentando una spirale che potrebbe scaturire in una guerra atomica, con i sovietici che possiedono circa seimila testate nucleari rispetto alle scarse seicento presenti nella sola Francia. A pensarla così sono principalmente i Cinque Stelle e Avs a sinistra (con parte del Pd), ma anche la Lega a destra.
All’interno di questo fronte, però, esistono differenze marcate. C’è chi, da pacifista puro, è contrario totalmente al riarmo e chi, invece, si oppone al riarmo in quanto andrebbe ad alimentare i nazionalismi, mancando l’Europa di una struttura militare unificata e di una catena di comando centralizzata.
C’è un’altra scuola di pensiero, nell’opposta “barricata”, alimentata da quel sentimento europeista che affonda le radici nelle idee di Alcide De Gasperi e di Altiero Spinelli, parlamentare ed europarlamentare comunista scomparso nel 1986, nonché nell’impegno di David Sassoli, a lungo europarlamentare e poi presidente del Parlamento europeo dal 2019 alla scomparsa nel 2022.
Qui si richiama la crescente vulnerabilità dell’Europa, non soltanto di fronte alla crescente aggressività della Russia, che potrebbe presto investire la Moldavia e le Repubbliche baltiche, ma anche a causa del terrorismo internazionale, a cominciare da quello di matrice islamica. Da non sottovalutare anche l’aumento esponenziale degli attacchi informatici. In questo fronte troviamo Forza Italia, Fratelli d’Italia e una parte del Pd.
I detrattori, però, avvertono che il riarmo dei Paesi comunitari, in ordine sparso, potrebbe alimentare il caos e sul piano economico si tradurrebbe in un affare soprattutto per gli Stati Uniti, dai quali attualmente importiamo quasi tutti gli armamenti. Insomma, il quadro è particolarmente complesso e tutto non si può certo risolvere in una tifoseria da stadio.
Pertanto, la manifestazione di sabato lanciata da Michele Serra, per quanto presentata come apartitica, rischia di generare ulteriori disorientamento proprio a sinistra, l’area da cui stanno arrivando quasi tutte le adesioni (Pd, Avs, Azione, Italia Viva e +Europa, solo i Cinque Stelle non hanno aderito, assenti tutti i partiti di centrodestra). Ma tra queste adesioni, le posizioni sono diametralmente opposte, per cui il raduno finirà per accentuare i problemi e alimentare strumentalizzazioni.
Sventolare la bandiera dell’europeismo non è forse un paradosso dal momento che è proprio questa Europa della burocrazia e dell’immobilismo, incapace di fermare diplomaticamente i conflitti, ad averci condotto in questa situazione? Serra & compagni non capiscono che la crescita delle destre in tutto il continente è proprio l’esito del lungo malgoverno di questa Europa e di un consumato modo di far politica – comprese le piazze di Serra e Moretti – che ha di fatto allontanato il popolo dalle élites radicalchic e annientato le principali ideologie del Novecento?
Domenico Mamone